SOS imprevisti: il mio kit di sopravvivenza
Si chiamano così, imprevisti, sostantivo maschile plurale, negativo (in-) del participio passato di prevedere, vedere prima. Qualcosa di inatteso, che non avevamo pensato potesse accadere o che mai avremmo potuto aspettarci.
Ci sono gli imprevisti belli, come le sorprese, le nuove scoperte, un bel colpo di fulmine. Ma no, non parleremo di questo, bensì di quegli eventi che, pur non essendo stati pronosticati, si manifestano. E nei momenti peggiori, di solito.
Prima o poi arrivano: la caldaia che si rompe a metà gennaio, il bambino che si ammala e sta assente da scuola una settimana (e tu lavori da casa), la macchina che ti lascia a piedi mentre stai andando ad un appuntamento importante.
Non c’è nulla che li può fermare. O forse sì.
Il mio kit di sopravvivenza contro gli imprevisti
Con mio grande stupore, vengo spesso definita una persona che sa gestire bene gli imprevisti. “Vorrei essere calma e pacata come te”, “Brava, hai risolto il problema senza andare nel panico”, “Vorrei essere come te”. No, non vorresti, fidati.
Non sono per nulla calma e pacata: nei momenti di crisi mi vedi ferma e impassibile come una statua di marmo perché altrimenti e mi sgretolerei nel vento come Lord Voldemort nei Doni della Morte.
Mentre cerco di analizzare un problema alla volta, di inspirare ed espirare, di stare nel qui e ora, di visualizzare un prato in fiore in cui scorre un fresco ruscello, sono nel panico più totale.
Nella vita, come nel lavoro, però bisogna trovare delle soluzioni, pratiche e semplici, per portare a casa la giornata, quando tutto ti rema contro, anche il cane che va tempestivamente portato dal veterinario.
Ecco il mio kit: bende e cerotti più che una bacchetta magica. Ma cosa ci volete fare, io giocavo nei boschi con i maschi alle giovani marmotte.
Materiale cuscinetto
Ci sono periodi in cui il lavoro è poco e i tempi sono dilatati, altri, invece, in cui i diversi progetti si accumulano uno sull’altro e si respira a fatica. Ed è proprio in questo secondo periodo che si presenta l’influenza intestinale o tuo figlio scambia il giorno per la notte.
Cosa fai? Tagli il superfluo, chiedi al cliente di spostare la consegna, rinunci a scrivere sul blog. Che rabbia, però. Col tempo ho imparato a preparare del materiale cuscinetto quando di tempo ne ho, faccio un po’ come la formica che in estate mette da parte le provviste per l’inverno. E l’inverno arriva sempre, parola di Jon Snow.
Di che si tratta: butto giù idee per post, scrivo articoli che vorrei pubblicare, faccio foto, scrivo mail di risposta che possono tornarmi utili. E metto in ordine tutto il materiale raccolto così da ritrovarlo nel momento del bisogno.
Il preventivo intelligente
Altra lezione imparata con l’esperienza, il preventivo intelligente. Quando indico la data di consegna per un lavoro di scrittura, traduzione o editing, mi tengo un po’ larga, cioè includo un giorno o delle ore extra, a seconda dei casi. In poche parole non faccio più la splendida o l’eroina che, pur di essere competitiva, cercava di offrire tempistiche velocissime a tutti i costi. Una certa dose di saggezza e diverse emicranie insegnano, invece, che un lavoro fatto bene, richiede il giusto tempo. Si tratta di fare bene i calcoli e preventivare qualche perdita di tempo lungo la strada.
Riserve energetiche
I tempi morti servono, anzi sono indispensabili. Invece di trovarmi a tutti i costi una qualsivoglia occupazione, quando posso, prendo una mattina libera, pranzo con un’amica, prendo la roulotte e vado via qualche giorno con tutto il mio branco. Lo ammetto, non è una passeggiata: dopo mesi in cui il cervello e il fisico sono stati sottoposti a continui stimoli, staccare la spina e godersi la lentezza di una giornata off è incredibilmente difficile.
I social, che di solito occupano anche 2-3 ore della mia giornata, il fine settimana li metto in pausa. Tutta energia e vita guadagnata, che mi serviranno quando avrò bisogno di un’immensa forza di volontà per impostare la sveglia alle 4:30 del mattino.
Rete e relazioni
Noi freelance, lavorando in proprio, spesso crediamo che siano sempre tutti fattacci nostri e di dover sbrigarcela da soli, nel bene e nel male. Non è necessariamente così, anzi, possiamo essere dei professionisti migliori se sappiamo creare una buona rete di collaboratori e colleghi a cui chiedere una mano nei momenti di bisogno.
Vi garantisco che avere un collega a cui affidare parte del lavoro o a cui chiedere di revisionare ciò che stai per consegnare, nei momenti di stress con contrattempi improvvisi, è ossigeno puro. Ed è altrettanto gratificante poter dare una mano ad un amico/a e restituire il favore.
Ultimo ma sempre primo anche quando è ultimo… il caffè
Scherzo. Il caffè, certo, non può mancare. Ma non intendo la mera bevanda a base di caffeina. Intendo, piuttosto un gesto o un rituale che aiuta a decomprimere nei momenti di panico da imprevisto.
Fare una pausa per coccolare il gatto, per bere una tazza di caffè bollente o passeggiare al parco (o tutte e tre), mi fa prendere le distanze con il problema del momento, vedere le cose più chiaramente, per poi potermi sedere di nuovo alla scrivania e fare l’elenco delle priorità.
Mio padre è un medico di base, tra i miei giochi di bambina avevo sempre una valigetta del pronto soccorso con stetoscopio, garze, cerotti e tutto il necessario. Da grande poi, non ho seguito le sue orme, ma posso dire che con il mio piccolo kit di sopravvivenza in caso di intoppi e infortuni sul lavoro, ho imparato a cavarmela abbastanza bene.